CRITICAL ILLNESS NEUROPATHY (NEUROPATIA DA MALATTIA CRITICA O CIP)
Si pubblica un interessante articolo del Dott. Davide Favali.
A seguire si pubblica anche un caso clinico correlato.
Si definisce “Neuropatia da malattia critica” una polineuropatia acuta assonale sensitivo-motoria che complica il decorso di pazienti in condizioni critiche; si tratta del 50% dei pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva che sviluppano parecchi effetti collaterali sul sistema nervoso, il piu’ precoce dei quali è l’encefalopatia settica, che si manifesta nel 70% dei pazienti con SIRS (Sindrome da risposta infiammatoria sistemica, caratterizzata da temperatura corporea superiore a 38 o inferiore a 36°C, frequenza cardiaca superiore a 90 b/min, frequenza respiratoria superiore a 20 atti/min o PaCO2 inferiore a 32 mmHg, conta leucocitaria superiore a 12000/mmc o inferiore a 4000/mmc o più del 10% di forme immature, puo’ infine concomitare ipotensione).
Tale patologia è stata descritta all’inizio degli anni 80’, nasce come complicanza di una sepsi e sindrome da insufficienza multiorgano e riguarda gli adulti, interessando difficilmente i bambini.
L’esame neurologico può evidenziare calo dell’attenzione e della concentrazione, dell’orientamento e della capacità di scrittura e se la malattia progredisce il paziente può lentamente entrare in coma, di solito senza sviluppare segni focali come mioclono o asterissi.
Durante la prima settimana di degenza si notano generalmente difficoltà nello svezzare un paziente dal ventilatore artificiale anche a causa dei farmaci bloccanti la placca neuromuscolare dati per facilitare la ventilazione e meno comunemente debolezza agli arti; vi è inoltre riduzione della sensibilità dolorifica con distribuzione a guanto e a calza e generalmente sono risparmiati i nervi cranici e degli occhi.
I criteri per la diagnosi di CIP comprendono quindi la presenza di SIRS, la difficoltà di svezzamento dal ventilatore e la debolezza agli arti, la riduzione d’ampiezza dei potenziali d’azione dei nervi sensitivi e delle componenti muscolari, potenziali di estesa denervazione del muscolo e livelli di CPK normali o moderatamente aumentati.
Alcuni dei piu’ importanti fattori di rischio per l’insorgenza di malattia sono la sepsi, l’insufficienza multiorgano, il sesso femminile, l’uso di corticosteroidi, l’iperglicemia, alterazioni idroelettrolitiche, la malnutrizione e l’immobilizzazione.
La diagnosi differenziale si avvale di esami come l’RM del midollo spinale, studi neurofisiologici, il dosaggio delle CPK, la biopsia muscolare (che mostra necrosi muscolare diffusa e perdita selettiva di miosina) e la biopsia del nervo surale (che mostra degenerazione assonale prevalente in sede distale in assenza di segni infiammatori).
Entrano in diagnosi differenziale patologie come disfunzioni del midollo spinale cervicale dovute a traumi, neoformazioni o infezioni, malattie del neurone motore, la sindrome di Guillain-Barre’, la porfiria, la neuropatia diabetica rapidamente peggiorata da una sepsi, la miastenia gravis e la sindrome miastenica di Lambert-Eaton; in tutte queste patologie la paralisi di solito si sviluppa prima del ricovero.
Altre patologie, come la miopatia acuta quadriplegica, la miopatia acuta da Unità Intensiva, la miopatia da Cure Critiche, la miopatia da malattia acuta, la miopatia acuta con lisi selettiva dei filamenti di miosina e la miopatia acuta necrotizzante da Unità Intensiva si sviluppano secondariamente ad un ricovero quando si utilizzano elevate dosi di corticosteroidi (>1 gr/die) ed agenti bloccanti neuromuscolari (curarici non depolarizzanti > 80 mg).
I segni clinici sono puramente segni motori, con riflessi tendinei profondi ridotti o assenti, i risultati dei test elettrofisiogici suggeriscono presenza di miopatia, i livelli di CPK possono essere moderatamente aumentati, tranne che nel corso di miopatia acuta necrotizzante; la biopsia muscolare mostra una perdita distinta di filamenti di miosina e livelli variabili di atrofia e necrosi delle fibre muscolari.
La severità della neuropatia può essere quantificata coi dati elettrofisiologici e tende ad essere più severa quanto più e lunga la degenza in ICU, tanto più elevata l’iperglicemia e tanto più è bassa l’albuminemia.
Le caratteristiche morfologiche della CIP comprendono la degenerazione assonale primitiva delle fibre sensitive e motorie periferiche senza evidenza di infiammazione, il tessuto muscolare mostra isolate fibre atrofiche nella denervazione acuta e gruppi di fibre atrofiche nella denervazione cronica, mentre l’unica manifestazione nel SNC è la cromatolisi centrale delle cellule delle corna anteriori a causa del danno assonale nei nervi periferici; avviene per lo stesso motivo anche la perdita di cellule dei gangli dorsali.
Il trattamento della CIP comprende la terapia della sepsi e della MOF (focolaio infettivo, volumi, aritmie, coagulazione), la terapia della insufficienza respiratoria, la fisioterapia e le terapie riabilitative (almeno 4 mesi). Sono stati utilizzati anche anticorpi mono e policlonali diretti contro le tossine batteriche, anticorpi monoclonali anti-TNF alfa, proteine di fusione col recettore del TNF, antagonisti del recettore di TL-1, il fattore attivante l’antagonista del recettore piastrinico e l’N-acetilcisteina, ma nessuno ha dato risultati soddisfacenti.
E’ stata infine anche utilizzata l’ultrafiltrazione plasmatica senza grandi benefici, mentre sembra promettere bene l’uso di immunoglobuline plasmatiche in fase iniziale di malattia.
Gli outcomes della malattia sono la debolezza muscolare generalizzata, il deficit di forza soprattutto agli arti inferiori, l’atassia, deficit sensitivi e parestesie e la paralisi uni-bilaterale dell’estensione del piede.
Normalmente il recupero inizia dagli arti superiori seguiti dall’apparato respiratorio ed infine dagli arti inferiori; nel 28% dei pazienti persiste infine una disabilità grave con paraplegia, tetra paresi o tetraplegia.